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«Io, mamma di 9 mila bambini indiani».
La nostra Hélène si è raccontata a cuore aperto sulle pagine di Famiglia Cristiana. Dalla nascita di Missione Calcutta al Premio del Volontariato Internazionale, di seguito replichiamo il testo integrale dell’intervista alla fondatrice della nostra associazione.
Ci sono persone per le quali la pensione non rappresenta un punto finale, ma l’inizio di una seconda vita, e per le quali la terza età è la grande occasione per realizzare sogni custoditi negli anni.
Hélène Augusta Ehret è certamente una di loro. Francese, approdata da giovane in provincia di Bergamo per amore, trent’anni fa Hélène ha deciso di dedicare la sua vita all’impegno umanitario in favore delle bambine e dei bambini indiani orfani, abbandonati, maltrattati attraverso l’associazione de lei fondata, Missione Calcutta, seguendo la strada tracciata da Madre Teresa di Calcutta.
Ancora oggi, a 87 anni, Héléne porta avanti la sua missione alla guida dell’associazione, affiancata dalla seconda figlia, Nadia Carminati, 59 anni (la primogenita, Dionilla, 69, vive in Germania), e dal figlio 31enne di lei, Nicola Adobati.
«Sono nata in Alsazia nel 1934 da una famiglia umile, seconda di quattro figli», racconta, «subito dopo la guerra mi trasferii in Borgogna con la famiglia. Mio padre aveva trovato lavoro come contadino dei terreni di un orfanotrofio nel quale ho trascorso un anno e mezzo. Io ero nella sezione delle ragazzine più grandi. Quell’esperienza mi ha segnato nel profondo: vedere la disparità di trattamento fra me, che avevo i genitori, e i bambini orfani che venivano maltrattati mi ha lasciato un terribile amaro in bocca nel corso della vita».
Alcuni anni dopo, l’incontro con Antonio, dieci anni più grande di lei, in Francia per lavoro.
«Quando ci siamo sposati avevo 18 anni. A vent’anni sono venuta insieme a lui in Italia, in provincia di Bergamo, e ho trovato lavoro come impiegata nel settore tessile». Suo marito Antonio è scomparso tre mesi fa, a 97 anni.
L’impegno solidale di Héléne è cominciato con un’adozione a distanza di una bambina indiana, Sulbha, tramite un ente americano. Era il 1976.
«Andai a trovarla nel suo villaggio vicino all’allora Bombay e sua mamma, poverissima, mi supplicò di portarla via con me. Dopo alcuni anni, tra tante difficoltà, riuscii a farla venire in Italia, dove è rimasta per vent’anni».
Il ricordo di maltrattamenti nell’orfanatrofio in Borgogna le era sempre rimasto scolpito nel cuore. Quando andò in pensione, a 58 anni, nel 1992, Hélène capì che era arrivato il momento di fare quello che le stava davvero a cuore: prendersi cura dei bambini che soffrono. «Non avevo la minima idea di come iniziare, come muovermi. Così scrissi una lettera a Madre Teresa di Calcutta, chiedendole di darmi delle indicazioni. E lei mi rispose dicendomi di contattare l’allora arcivescovo di Calcutta Henry Sebastian D’Souza».
L’arcivescovo le assegnò una quindicina di bambini di un villaggio a circa 60 km da Calcutta. «Quelle furono le mie prime adozioni a distanza, che affidai a parenti, amici e colleghi». Ai primi bambini ne seguirono altri: «In breve tempo le adozioni furono centinaia».
All’inizio, nel 1992, l’associazione si chiamava Hélène Ehret children’s home. Nel 2004 è diventata una Onlus, Missione Calcutta, con sede a Scanzorosciate (Bergamo) e a Calcutta.
In questi trent’anni Hélène ha viaggiato tantissimo in India: «Andavamo almeno due volte ogni anno. Visitavamo tutti i villaggi e gli istituti per bambini che aiutavamo. Con le adozioni abbiamo cominciato a dare sostegno e un futuro ai bambini di strada, orfani, abbandonati». Le bambine, spiega Hélène, sono ancora più bisognose, in un Paese come l’India profondamente maschilista, dove è diffusissima la pratica dei matrimoni combinati e precoci per le ragazzine di famiglie povere.
Negli anni le attività si sono ampliate a vari settori ed estese in diversi Stati dell’India. «Abbiamo scavato diverse centinaia di pozzi e impianti idrici per i villaggi. Abbiamo creato una clinica ortopedica a Rampurhat, dispensari per le comunità, un centro medico per interventi oculistici nel Sud, cinque cliniche mobili che si spostano per i villaggi, le scuole di cucito per le ragazze. Nel 2010 abbiamo inaugurato una scuola che può ospitare fino a duemila bambini a Oodlabari, vicino al confine con il Nepal».
Attualmente le adozioni a distanza sono circa duemila. In trent’anni Missione Calcutta ne ha attivate novemila. Tanti volti, storie di ragazzi e ragazze che hanno potuto studiare, formarsi, costruirsi un futuro. Hélène ha un ricordo particolare: «Una ragazza che abbiamo aiutato dai 6 ai 18 anni è diventata infermiera e quando è stata assunta in un ospedale è venuta a portarmi il suo primo stipendio, perché un’altra ragazza avesse la sua stessa opportunità di studiare».
Missione Calcutta ha esteso i suoi progetti anche in altri Paesi: Bangladesh, Thailandia, Somalia e Kenya. E nel 2020, durante la pandemia del Covid-19, l’associazione si è impegnata per aiutare le famiglie in difficoltà e in condizione di povertà della provincia di Bergamo grazie alle segnalazioni dei servizi sociali del Comune.
Hélène sfoglia i suoi faldoni pieni di ricordi, lettere, documenti, fotografie sbiadite. «Sono partita con niente, da zero, facendo tutto da sola, con le mie forze. Allora non avevo il telefonino e Internet. Avevo solo la mia vecchia macchina da scrivere Olivetti sul tavolo della cucina. Eppure, anche con niente si può realizzare tanto, se c’è la buona volontà, se c’è il cuore».
E come coronamento di una vita di solidarietà e lavoro all’insegna dell’umiltà, la nostra Hélène ha ricevuto il 28esimo per la sua vita spesa per “i piccoli e le loro madri, per le donne negate, usate e maltrattate”.
Un esempio per tutti noi!
Dalla nascita dell’associazione ai numerosi viaggi, fino alle adozioni di bambini e bambine: guarda il video-racconto qui
Photo Credit: Stefano Dal Pozzolo/FOCSIV